Storia della Chiesa

 

La chiesa di S. Giacomo apostolo sorge nella frazione di Ramodipalo. Nel XV secolo era soggetta alla parrocchiale di S. Biagio retta dai frati Umiliati (1). Verso il 1473 nel convento di S. Biagio subentrarono i padri Fiesolani, che officiarono con il titolo di rettori la chiesa dipendente di Ramodipalo (2). Nel 1670, in concomitanza con il passaggio di S. Biagio ai frati Minori Osservanti, la chiesa di Ramodipalo venne riconosciuta dal vescovo parrocchia indipendente (3).

Primo parroco venne eletto Ottavio Malmignati di Lendinara. Nel 1473 il vicario generale dell’arcivescovo di Ravenna, Antonio de Bottis, trovò la chiesa, retta dal parroco di S. Biagio don Giacomo Cattaneo, in pessime condizioni. Nel 1536 il Ferretto annota: “Eccelsi S. Jacobi Rami de Palo – duc. 35 – anime 200”. Nel 1603, nella visita pastorale dell’8 aprile, monsignor Flavio Perotto affermava “che la chiesa è antica, a unica navata ed è di ridotta dimensione, inadeguata a contenere i fedeli. Le pareti sono state imbiancate in modo che le croci e la data della sua consacrazione sono state cancellate”. Sempre il Perotto annotava che l’altare maggiore era posto ad oriente, e dotato di un grande Crocifisso. “In cornu evangeli” stava l’altare della Madonna e dalla parte opposta un altare in costruzione. Era rilevata anche l’esistenza di un bel pulpito senza scala. La facciata era rivolta a nord, con porta d’ingresso sovrastata da finestra di formato circolare. Vi erano il battistero e il campanile con due campane, con attorno il cimitero. In tale occasione il Perotto istituì la scuola della Dottrina Cristiana e constatò che le rendite del beneficio erano più che sufficienti. Dal 13 giugno 1587 il rettore è don Guglielmo Cattaneo e gli abitanti sono 400 circa. Restaurata all’inizio del Seicento, la chiesa fu definita dal vescovo Tommaso Retano nel 1669 “molto piccola per una popolazione di 1000 anime”.

La chiesa venne ricostruita, su iniziativa del rettore don Giovanni Baccari, in forme più ampie nel Settecento. Nel 1734 è così descritta dal vescovo Giovanni Soffietti: “ampia, con colonne coperte di raso rosso, coro dietro all’altare maggiore e due belle cantorie”. Il vescovo rilevava inoltre l’esistenza di cinque altari, tutti in marmo, con pala dipinta e un ricco apparato di oggetti sacri. La nuova chiesa venne consacrata da monsignor Arnaldo Speroni il 21 ottobre 1779, come ricordava l’iscrizione su una lapide, trascritta nei documenti d’archivio. La chiesa sorgeva con il prospetto principale prospiciente il corso d’acqua e la torre campanaria adiacente (esiste tuttora). Dal 1856 al 1884 con il contributo delle famiglie, del Comune e del parroco Manfrin, si restaurarono la sagrestia (1858), l’organo (1872), i quadri della Via Crucis (1873) e infine l’intera chiesa (1884). Si costruirono una nuova canonica (1859) e una camera per il deposito delle sedie (1876). Il tempio fu dotato di banchi in noce (1856), dell’arredo dell’altare maggiore (1863), di 280 scranne per i parrocchiani (1866), di porte (1874), di pavimento di cemento (1876) e di altri paramenti e addobbi sacri. Nel 1865 il campanile venne fornito di cinque campane fuse dalla ditta Colbacchini di Padova. Cinque gli altari esistenti, rispettivamente dedicati al Santissimo Sacramento, alla Madonna del Carmelo, a S. Giacomo, a S. Antonio da Padova e al Cuor di Gesù, e alla Madonna del Rosario.

Le confraternite documentate dal vescovo Polin, nelle sue visite pastorali del 1885, 1891, 1898, sono quelle del Santissimo Sacramento (1867), del Carmine del Rosario (entrambe di antica istituzione); poi l’associazione per l’assistenza dei chierici poveri, l’opera per l’infanzia, l’istituzione per le missioni cattoliche e il comitato parrocchiale per l’opera dei congressi.

L’attuale chiesa deriva dalla ricostruzione del 1904, su disegni dell’ingegnere Pietro Zerbini di Castelguglielmo, in prossimità dell’antica possente torre campanaria eretta nel 1666. Inaugurata dal delegato del vescovo e arciprete di S. Sofia di Lendinara, don Luigi Fraccon, la chiesa fu consacrata il 13 novembre 1927 dal vescovo Anselmo Rizzi.

Di gusto eclettico, essa presenta una facciata in mattoni a vista, articolata nell’adozione libera di elementi desunti dall’architettura romanico-gotica (fig. 130). La sezione centrale è scandita dal basso verso l’alto: dal portale architravato, dalla nicchia (coronata da cornice) che accoglie una statua, dal bassorilievo del Crocifisso e dalla cuspide, con cornice dentellata e sormontata da un’altra statua. La cuspide inserita tra due ali, inquadra il sottostante corpo centrale che include il portale delimitato da due semicolonne di ordine dorico, poggianti sullo zoccolo in marmo (che corre lungo tutto il perimetro della chiesa), e che sorreggono l’alta e aggettante trabeazione dentellata e decorata da semplice fregio di metope alternata a triglifi. La zona centrale è inserita tra due sezioni (delimitate esternamente da due lesene) su cui si aprono le porte laterali architravate e, sopra di esse, una monofora. Sopra la trabeazione s’innalza un coronamento di archetti ciechi che si alternano ai volumi dei piedistalli delle statue.

L’interno (fig. 131) è concepito secondo lo schema longitudinale derivato dall’architettura paleocristiana. Si susseguono colonne ed archi a tutto sesto, che separano le tre navate e conducono al presbiterio, sormontato, come nell’architettura romanica, da cupola impostata su pennacchi e col catino dell’abside riccamente decorato dal pittore Gigi Gasperini (4). All’artista veneziano è da riferire anche la decorazione a tempera della navata centrale. Le colonne di ordine dorico, impostate su alto basamento, sostengono il muro soprastante, ritmato dall’alternarsi di aperture circolari e lesene dipinte. La navata centrale è illuminata dalla luce che entra dalle finestre circolari poste sopra ogni arco e inoltre dalle due finestre rettangolari dell’abside. Il soffitto è piano e decorato con affreschi. Gli altari della precedente chiesa sono stati adattati alla nuova.

La bella torre campanaria, eretta nel Settecento, si eleva ora a fianco della chiesa. L’alto fusto poggia su basamento e presenta lesene angolari, piccole aperture e un orologio. Sopra la trabeazione sta la cella campanaria con bifore balaustrate. E’ completata da un cornicione dentellato, decorato da quattro statue, sopra il quale si eleva il lanternino ottagonale e la cuspide in mattoni intrecciati.


(1) Cfr. CAPPELLINI, 1938, p. 120-1. GABRIELLI, 1982, riporta un documento rogato dal notaio Jacopinus de Paganis de Regio, nel 1340, relativo ai beni della Diocesi di Adria, in cui risulta anche la chiesa di Ramodipalo. ZAMBONI, 1986, p. 298, ricorda che la chiesa è citata nei documenti a partire dal XV secolo e che nel 1340 risulta retta dal sacerdote Franco.

(2) La chiesa di Ramodipalo, resa autonoma nel 1436 dal vescovo Giacomo Bertuzzi degli Obizzi, risulta dopo vent’anni nuovamente dipendente dalla chiesa di S. Biagio di Lendinara (cfr. GABRIELLI, 1982). I padri fiesolani, documentati come rettori della chiesa di Ramodipalo, sono: Paolo Brillo (1571), Alessandro Martinelli (1586), Guglielmo Cattaneo (1587), Giovanni Maria Bertelli (1606), Pandolfo Malmignati (1629) e Francesco Receputi (1647).

(3) Cfr. l’articolo di A. CAPPELLINI in “La voce dell’Adige” del 5 luglio 1927 dal titolo L’aggregazione del Comune di Ramodipalo a Lendinara. L’autore faceva riferimento ad un atto notarile rogato il 13 maggio 1454 dal notaio Tavella, conservato presso l’archivio episcopale di Adria. Da esso risultava la dipendenza della chiesa di Ramodipalo da quella di S. Biagio e la sua successiva autonomia verso il 1670.

(4) GABRIELLI, 1982, ricorda che il pittore Gigi Gasperini, chiamato dall’arciprete don Carlo Laurenti, morì cadendo dall’armatura.

 

tratta da: LENDINARA Notizie e immagini per una storia dei beni artistici e librari - p. 194

a cura di P.L. Bagatin – P. Pizzamano – B. Rigobello    -    Novembre 1992


 

I dipinti

 

Nella chiesa dedicata S. Giacomo apostolo di Ramodipalo, ricostruita nel 1904, si ricordano i dipinti a tempera con La chiamata dell’Apostolo, il Martirio e La Gloria di S. Giacomo, e L’adorazione dell’Eucarestia da parte di fedeli e popoli, eseguiti dal veneziano Gigi Gasperini che morì tragicamente precipitando dall’impalcatura. Sulle pareti della tribuna sono conservati due affreschi eseguiti nel 1927 dal veronese Ferruccio Martinelli, raffiguranti rispettivamente: La regalità di Cristo e La moltiplicazione dei pani. Su un altare della chiesa è ricordata da Gabrielli l’esistenza della pala della Madonna del Rosario, proveniente dalla precedente chiesa e ora collocata sul primo altare a destra, ritenuta opera del pittore lendinarese Giovambattista Albrizzi (1656). Sempre il Gabrielli scrive che nella pala, ora totalmente ridipinta, sono raffigurati personaggi inginocchiati della famiglia Albrizzi con il parroco don Recupito.


tratta da: LENDINARA Notizie e immagini per una storia dei beni artistici e librari - p. 321

a cura di P.L. Bagatin – P. Pizzamano – B. Rigobello    -    Novembre 1992

 

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